Uto Ughi, lo sappiamo tutti, non suona il violino. Suona uno strumento diverso, che produce armonie ipnotiche, da cui l’orecchio non riesce a staccarsi.
Il suo timbro è talmente privo di spigoli da dare l’impressione che l’archetto non tocchi realmente la corda, ma la faccia vibrare muovendosi sopra di essa come fanno quei treni giapponesi a levitazione magnetica sui loro binari. È questo ciò che più incanta della sua arte. Più del virtuosismo sfrenato, dell’agilità perfettamente calibrata e dello slancio lirico, a lasciare a bocca aperta è la magia di un suono che è diverso da tutti, proviene da un luogo misterioso e luminoso e porta pace nell’animo di chi lo ascolta.
La presenza di Uto Ughi e dell’orchestra dei Filarmonici di Roma il 20 gennaio all’Auditorium Rai Arturo Toscanini è un evento per svariati motivi: da un lato testimonia una costante collaborazione con l’Unione Musicale di Torino che dura da moltissimi anni ed ha al suo attivo più di cinquanta concerti e dall’altro ha concesso alla nostra città il privilegio di festeggiare (con qualche ora di anticipo) il settantaduesimo compleanno del Maestro con un estemporaneo “Tanti auguri a te” intonato dall’orchestra.
La serata è stata inaugurata dalla Sinfonia in fa minore di Haydn magistralmente interpretata dai Filarmonici, seguita dalla Ciaccona di Vitali il cui pathos dirompente ha permesso al Maestro di sfruttare tutte le sfumature cromatiche del suo strumento. Il programma prevedeva poi il Concerto n. 5 il la maggiore di Mozart e il Concerto n. 4 di Paganini con il suo celebre adagio che fece esclamare a Schubert, quando lo sentì eseguito a Vienna dall’autore stesso, “Stasera ho sentito un angelo cantare”. Quest’ultimo concerto, con le sue parabole virtuosistiche alternate a slanci patetici di grande intensità, è stato forse il più apprezzato dal pubblico in sala.
Uto Ughi dimostra anche questa volta la dedizione al suo pubblico concludendo il concerto con tre bis da fuochi d’artificio: La danza dei folletti di Bazzini, Oblivion di Astor Piazzolla e la sua Paganiniana. Oltre a essere uno dei più grandi virtuosi del nostro tempo, il Maestro si distingue infatti da altri suoi pari per la capacità di instaurare un rapporto di grande simpatia con chi siede in sala che non può che pendere incantato dalle sue labbra e dal suo archetto per tutta la durata del concerto.