Scontata pole position dei Berliner Philharmoniker al Festival delle Orchestre Internazionali per Expo, aperto al Teatro alla Scala il 2 maggio.
La ieratica formazione guidata negli ultimi tredici anni da Sir Simon Rattle si è esibita in un concerto “a fisarmonica”: dalla contratta “Sinfonietta” di Janáček, al dolce naufragar sinfonico della “Settima” di Bruckner.
La “Sinfonietta” di Janáček, con i suoi sintetici cinque movimenti che migrano tra differenti gruppi di strumenti, è la prova di quanta gioventù si possa nascondere in un compositore ultrasettantenne. Con un piglio da giovane provocatore, il musicista ceco ha potuto sfruttare in partitura la ricchezza espressiva della sua esperienza: folgorante ad esempio la citazione dell’attacco di “From a house of the dead” nell’Andante. La “Sinfonietta” è un capolavoro che dimostra quanto la concisione e la sintesi siano un risultato, e non un punto di partenza.
Ma i timbri di Janáček non sono che i preziosi propilei di una delle prove canoniche dei Berliner: la più celebre tra le sinfonie di Bruckner, la più cinematografica – immortale l’accostamento di Visconti ai notturni veneziani in Senso -, la più wagneriana e, a dirla tutta, la più nazista – amatissima da Hitler, la marcia funebre dell’Adagio fu trasmessa in radio alla notizia della sua morte.
Un luogo comune vuole che i Berliner siano l’emblema di una dotta perfezione fredda e un po’ noiosa, come da paradigmatici primi della classe. Ma il passaggio attraverso Abbado e Rattle ha arricchito il timbro dell’orchestra grazie a un coraggioso ampliamento di repertorio.
Il concerto alla Scala ne è la prova: l’inizio boemo in fanfara ha come umanizzato il gigantismo metafisico di Bruckner, rendendo più corporea una partitura di indeterminata e astratta fattura. Ci sono passaggi con l’orchestra in pianissimo in cui Rattle si immobilizza per poi riattivarsi con tesi cenni impercettibili delle dita, talmente eloquenti che l’onda sonora che si gonfia in seguito investe spietatamente qualsiasi ricordo che uno spettatore può avere di questa sinfonia.
Si tratta di un sinfonismo che forse non ci appartiene del tutto nel gusto, nella tecnica, nelle tradizioni. Tanto che dei tre Bruckner ascoltati in un mese e mezzo nella stessa sala – oltre a questa settima, l’intensa ottava di Welser-Möst, e la disordinata, splendida quarta di von Dohnányi – non so dire se l’esecuzione di Rattle sia la più corretta (eccetto che per l’impeccabile intonazione degli ottoni), ma è quella in cui si sente di più la convivenza contraddittoria di deflagrazione ed estasi: quella per cui tutti i troppi cliché sull’armonia musicale del mondo e sull’ineffabilità della musica sembrano improvvisamente plausibili.
Programma:
Leoš Janáček
Sinfonietta
Anton Bruckner
Sinfonia n. 7
Esecutori:
Berliner Philharmoniker
Simon Rattle
direttore